Le 4 novità più disruptive della nuova direttiva EPBD

La direttiva EPBD, acronimo di Energy Performance of Building Directive, è una direttiva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea lo scorso maggio 2024. Sotto lo pseudonimo di Direttiva Case Green ha creato un certo allarmismo in Italia, alimentato da media e politica, paventando l’idea di dover rimettere mano, sotto il profilo dell’efficienza energetica, all’intero patrimonio edilizio italiano.

La realtà è che esistono direttive europee di questo tipo da oltre 22 anni, perseguendo l’obiettivo di neutralità dai gas alteranti entro il 2050. Per raggiungerlo, è ovvio che qualche passo debba essere compiuto, e la nuova Direttiva EPBD è solo un’evoluzione di questo percorso. Uno strumento legislativo che comunque nei prossimi due anni dovrà essere recepito a livello nazionale dai singoli stati membri come tappa importante verso la riqualificazione energetica degli edifici.

Ma senza entrare troppo nel merito di cosa prevede la Direttiva EPBD, quali sono gli aspetti di novità più rilevanti per il nostro lavoro e per i cittadini? Noi di Horigon ne abbiamo identificati 5.

1) Global Warming Potential
È la prima volta che viene adottato un parametro di calcolo che comprende l’emissione complessiva di CO2 dalla costruzione al futuro smaltimento dell’edificio in un’ottica di Life Cycle Assessment,combinando le emissioni di gas a effetto serra incorporate nei materiali da costruzione con le emissioni dirette e indirette rilasciate nella fase d’uso. Si chiama Global Warming Potential (GWP) ed evidenzia una maggiore attenzione alle prestazioni degli edifici durante tutto il ciclo di vita utile secondo una logica di economia circolare. Il GWP entrerà in gioco dal 2028 per i nuovi edifici di dimensioni maggiori di 1000m2, e dal 2030 per tutte le nuove costruzioni.

2) Deep Renovation
Se prima con riqualificazione profonda si intendeva una riduzione del 60% del consumo energetico dell’edificio, la Direttiva EPBD definisce per riqualificazione profonda una costruzione NZEB (Nearly Zero Energy Building) e a tendere ZEB. Si tratta di un salto in avanti decisivo perché si suppone che i prossimi incentivi statali saranno basati proprio su questa nuova definizione.

3) ZEB
La direttiva stabilisce che dal 2028 tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere ZEB (Zero Energy Building) e dal 2030 anche le nuove costruzioni private. Con ZEB parliamo di edifici a zero emissioni con un involucro ad altissime prestazioni che porta a un fabbisogno interamente soddisfatto da fonti rinnovabili.

4) Social Inclusion
La Direttiva EPBD affronta anche il tema dell’inclusività, identificando una corrispondenza tra inefficienza degli edifici, povertà energetica e problemi sociali, dove le famiglie vulnerabili sono quelle più esposte all’aumento dei prezzi dell’energia e quindi delle bollette.
Se ristrutturare il patrimonio edilizio ha un impatto positivo su queste situazioni, ovviamente i costi non dovrebbero gravare sulle persone economicamente più deboli. Come? Attraverso politiche, finanziamenti e incentivi mirati per una transizione equa verso la neutralità climatica e un’idea di comfort globale che riguarda sia aspetti tecnici che di benessere sociale.

5) Sustainable mobility
La riqualificazione dell’edificio si inserisce all’interno di una rigenerazione urbana complessiva. Con la Direttiva EPBD, le nuove costruzioni diventano elementi trainanti di un’idea di mobilità sostenibile, grazie ad esempio alle postazioni di ricarica per i veicoli elettrici, un’attenzione in più allo spazio per le biciclette all’interno delle aree comuni, le reti smart grid e l’auto vista anche come batteria in grado di alimentare tutta la casa. Un pensiero olistico che favorisce l’interconnessione tra diversi ambiti del vivere quotidiano, verso un futuro sostenibile.

Si tratta sicuramente di una direttiva ambiziosa, in alcuni punti “disruptive”, ma necessaria per dare un senso di urgenza su alcuni obiettivi per troppo tempo rimasti ideali senza un effettivo impegno su come raggiungerli davvero.

In Italia, la sfida è quella di riqualificare almeno il 3% di costruzioni ogni anno rispetto all’1% di oggi, ma molto dipenderà dagli incentivi che verranno promossi nel prossimo futuro.